Creatività

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In ambito aziendale, è opinione comune che ormai tutte le imprese siano in grado di accedere alle stesse risorse, ovvero utilizzare i medesimi strumenti, materie prime e informazioni su cui poggiare le proprie basi, crescere e, se possibile, vincere nel campo della concorrenza.

In un mercato che progredisce a velocità sempre maggiore, resta ovviamente in competizione chi riesce a fornire valori aggiunti sempre più numerosi e nuovi: dopo decenni in cui ci si è misurati sul piano dell’efficienza, oggi ci si rende conto di dover competere sul piano della “diversità”, sviluppando quanto più possibile le capacità creative.

Esistono diversi possibili approcci all’uso della creatività all’interno delle organizzazioni aziendali. Vedremo più avanti nel dettaglio il modello applicabile all’interno delle organizzazioni per coordinare tutte quelle attività che scaturiscono dalla volontà di dare attuazione a un piano destinato a migliorare la reattività creativa dell’azienda. Per ora sarà utile, e sufficiente, al fine di delineare l’essenza del ragionamento sul pensiero creativo, formalizzare il percorso completo della creatività e dell’innovazione secondo uno schema che, ampliando la nota trilogia esposta da Schumpeter nel citato Teoria dello sviluppo economico (Invenzione-Applicazione a un prodotto o processo-Diffusione), si configura in questo modo:

  • Generazione dell’idea.
  • Invenzione.
  • Sviluppo della applicazione.
  • Diffusione.
  • Prodotto.

 

La creatività come fonte di nuove idee occupa il punto iniziale della catena di eventi così come delineata da Schumpeter. Possiamo tuttavia essere altrettanto creativi nel lanciare un prodotto comportandoci da bravi tecnici di marketing: le idee che generiamo serviranno a presentare il nostro prodotto in maniera efficace e a comunicare in modo convincente il nostro messaggio. Allo stesso modo si può essere creativi nel centro ricerche di una industria, dove le nuove idee saranno investite su un prodotto già consolidato.

La creatività, intesa come meccanismo mentale, può cioè trovare applicazione in ogni fase del processo di invenzione e innovazione macroeconomico e tecnologico, così come rappresentato dagli economisti.

Prima di affrontare la creatività all’interno delle organizzazioni nei suoi risvolti teorici e metodologici, sarà utile cercare di indagare cosa intendiamo con questo termine.

Una bella indagine di Eurisko del 2004  mostra come gli italiani interpretino la parola “creatività”, quali esempi ne portino, in quali ambiti la creatività sia per loro più evidente e, infine, se l’Italia possa considerarsi o meno un paese creativo.

Le domande sono state poste a focus group di quattro diversi segmenti della popolazione:

  • gruppo di elitari;
  • donne nella fascia centrale di età (33-46 anni);
  • uomini nella fascia centrale di età (33-46 anni);
  • giovani nel ciclo universitario.

 

Questi ultimi hanno fornito, sulla base del loro vissuto, un’associazione del concetto di creatività a quelli di impulsività, non controllabilità e prevalenza dell’emotività e della fantasia. Essi sono convinti che la creatività possa manifestarsi in qualunque ambito, dall’agire quotidiano alla creazione dell’opera d’arte (pittura, teatro, letteratura, musica), ma in ultima istanza considerano il creativo un disadattato che può spingersi sino all’atto estremo della follia. Tutto ruota intorno a un “io creatore”, cheesce dagli schemi, infrange le regole e si lascia andare all’istintività, e che viene considerato “creativo” a prescindere dal risultato di tale atteggiamento, in alcuni casi visto addirittura come irrilevante. Nell’individuo creativo i processi mentali sono sostituiti da illuminazioni e lampi di genio. Egli è libero e anarchico, non segue le mode perché le genera, crede nell’intuito e nel continuo movimento, nasce creativo e non è interessato alle consuetudini, ponendosi, al contrario, come modello da imitare (per esempio nell’abbigliamento).

Le donne nella fascia tra i 33 e i 46 anni associano invece il concetto di creatività a quello di bellezza, che si esprime nei campi della pittura, del design, della letteratura e dell’arte in genere. La persona creativa possiede questo talento naturalmente, come un dono ricevuto alla nascita, inventa dal nulla ma sa anche rileggere da prospettive diverse quanto esiste di tradizionale. Non fa riferimento al denaro, non esamina i risvolti economici delle sue azioni.

Gli uomini della stessa fascia di età sembrano riconoscere l’espressione della creatività nel raggiungimento dell’“utile”: progresso scientifico, avanzamento tecnologico, problem solving. Si richiede tuttavia che il nuovo sia anche fruibile, dalla società in genere e dai più deboli in particolare. Il creativo, anche in questo caso, è la persona che ha avuto il lampo di genio, ma è anche colui che capisce e interpreta i bisogni del suo tempo.

Per gli elitari la creatività si identifica in un percorso: conoscere, apprendere e scambiare, ricorrendo sia alla fantasia sia alla razionalità e riuscendo a tradurre idee e obiettivi in risultati tangibili.

In sintesi, si possono quindi enunciare diverse ragioni o scopi principali che ci portano a utilizzare le nostre facoltà creative: fare le stesse cose in un modo migliore, pensare cose diverse, fare cose migliori…

Interessanti spunti di riflessione ci vengono offerti anche dalla lessicografia. Stando ai dizionari della lingua italiana il verbo creare – dal latino creare, con la stessa radice di crescere – significa produrre dal nulla, specie in riferimento a esseri divini, fondare, costituire, produrre cose nuove e originali, far nascere, istituire, eleggere, nominare…

Tale ampia gamma semantica attiene sia all’individuo nella sua complessità, sia a un gruppo nelle sue più varie espressioni (Stato, pubblica amministrazione, sistema scolastico, organizzazione sanitaria e imprenditoria…), e appare innegabile che un approccio creativo possa darsi – e, aggiungiamo noi, sia utile e necessario – in qualunque settore per risolvere i problemi, aggiungere valore, esplorare tutte le opportunità e affrontare il cambiamento.

Nella letteratura scientifica di settore, infine, la creatività è associata alla produzione di prodotti nuovi e socialmente utili. Definiamo la creatività organizzativa come la creazione di un prodotto, servizio, idea, procedura, processo che siano nuovi, validi e utili da parte di individui che lavorano insieme in un sistema sociale complesso. Il punto di partenza della nostra teoria è fornito dal modello interazionista del comportamento creativo sviluppato da Woodman e Schoenfeldt (1989). Questo modello, e la letteratura che lo supporta, sul comportamento creativo e l’innovazione nelle organizzazioni è utilizzato per sviluppare un quadro di riferimento interazionale per la creatività  rganizzativa.

Una tale definizione sottolinea il fatto che, nell’ambito del mondo dell’impresa, la creatività non coincide semplicemente con un comportamento nuovo e originale, e introduce il criterio dell’innovazione, caro alle aziende e agli ingegneri, da sempre orientati a trovare nuove soluzioni per i più diversi problemi del vivere quotidiano, pur con la consapevolezza che creatività e innovazione rimangono due concetti differenti .