La pianificazione immagina il futuro e il controllo mantiene la rotta, ponendo rimedio agli errori di immaginazione, ovvero agli errori di pianificazione, e riconsiderando tutte quelle cose, persone ed eventi che, non essendo stati previsti, hanno determinato l’insorgere di problemi.
Risolvere i problemi significa fare fronte a realtà impreviste che ci ostacolano nel raggiungimento dei nostri obiettivi. Ecco perché la risoluzione dei problemi risulta l’attività più diffusa al mondo, sia nella vita personale che in quella lavorativa: alla base degli errori c’è sempre una mancanza di esperienza dovuta alla difficoltà con cui questa si stratifica, che segue un meccanismo assolutamente sottovalutato, e poco conosciuto e studiato.
Qui entra in gioco il secondo paradigma, quello relativo al “miglioramento”, perché, come dicevano gli antichi “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”. Quante volte ci siamo sentiti in imbarazzo per aver ripercorso strade sbagliate e quindi aver ripetuto gli stessi errori!
Cerchiamo di approfondire il significato di questo comportamento.
In Occidente, in particolare per l’influenza della morale cristiana, l’errore è spesso accompagnato dal senso di colpa, che induce chi lo ha compiuto a rimuoverlo dalla sfera cosciente e razionale o a nasconderlo consapevolmente.
Spesso, presentandomi con modalità di rottura all’interno delle aziende, mi diverto a porre una piccola domanda ai miei interlocutori: “Quanti errori avete compiuto nell’anno passato?”. Quasi sempre facce allibite e sbigottite mi rispondono: “Nessuno!”.
Errore si identifica con colpa e colpa è associata con punizione; di qui la tendenza a rimuovere gli sbagli per prendersi i meriti di una falsa perfezione. Così, la mancata chiusura del Ciclo di Deming – Plan-Do-Ceck-Act, non ci consente di superare i nostri errori individuali, e non consente alle aziende di fare un salto di qualità. Se invece ci si assume la responsabilità degli errori commessi, analizzando con la dovuta dose di umiltà le ragioni del gap che è intercorso tra quanto era stato previsto e quanto è stato concretamente realizzato, si porranno le basi per un’autentica possibilità di miglioramento. Gli errori devono essere considerati una miniera di stimoli al progresso.
Siamo tuttavia ancora al di fuori dell’ambito creativo: se infatti nel caso del problem solving possiamo parlare esplicitamente di routine elementari e inefficaci, nell’improovement ci troviamo di fronte a tipi di routine efficienti ed efficaci, che tuttavia sempre routine rimangono. Tanto nel primo che nel secondo modello di riferimento la routine costituisce lo schema di comportamento predefinito.
La vera novità sta nel prendere coscienza della ripetitività dei propri comportamenti: questa va mantenuta consapevolmente nella misura in cui può essere utile, ma, perché sia possibile intraprendere coscientemente la gestione delle “nuove idee”, essa va corretta razionalmente, ponendosi continuamente l’obiettivo di superarla.
Chiunque abbia una responsabilità gestionale dovrebbe, prima di dedicarsi a una qualsiasi attività, impresa o progetto, prepararsi nei minimi particolari, come lo scout che, prima di partire per il campo, deve pensare a tutto quanto potrà servirgli, alle persone con cui dividerà impegni e responsabilità, alle capacità e alle competenze di cui, insieme ai suoi partner, avrà bisogno e al tipo di addestramento che sarà necessario.
Essere un leader o esercitare la leadership significa guidare gli altri verso i traguardi definiti, e tutto ciò implica una grande attenzione verso le risorse umane, la “gente” che, se motivata e coinvolta, non si limiterà a rivestire la funzione di “mano d’opera”, ma offrirà in modo partecipativo la sua energia e la sua intelligenza.
Sarà bene, quindi, tenere a mente le seguenti raccomandazioni:
- essere sempre curiosi,
- non indietreggiare mai sulla strada della conoscenza,
- investire sulla professione,
- migliorare il proprio modo di pensare, lavorare e vivere,
- pensare al frutto del nostro lavoro.